sabato 27 aprile 2013

Lino Sivilli, classico e agreste nel castello


Il tempo ciclico della Natura e il tempo frammentato dell’Uomo s’incontrano nel bel castello medievale di Sannicandro di Bari. Sciamano di questo rito e mito di conciliazione è Lino Sivilli, l’artista pugliese che, varcata la soglia dei 70 anni, qui offre la sintesi di un  lungo percorso che si è sviluppato con meditativa coerenza. All’interno della corte e nei terrazzament isi dispongono alcune strutture di esile geometria in ferro rugginoso che oscillanoal vento con disegni di luci ed ombre. Una lente fissata ad una falce su un leggìo affida ai raggi solari di farsi “pennello della Natura” (come diceva Henri Fox Talbot agli albori della foto-grafia) bruciando su fogli da album le tracce delle loro evoluzioni nel giro delle ore. E un disco con frammenti dispecchi innalzato come una meridiana o stemma sull’ingresso brilla con mutevoli rifrazioni.
Nelle maestose sale interne il dialogo con i ritmi di natura continua con la serie delle Basi di lancio, formelle specchianti che si possono staccare e spostare alla ricerca del sole. Ma soprattutto è  messa a fuoco, con opere vecchie e nuove, la dialettica fra “Classico e Agreste” che dà senso e titolo all’ampia retrospettiva. Rapporto avviato nei Settanta recuperando in linguaggio di area concettual-antropologica un immaginario “mediterraneo” fondato sulla cultura dell’ulivo (“il Mediterraneo finisce dove finisce l’ulivo”, ha scritto Matvejevic).Ma Sivilli, figlio di un contadino di Bitetto, ha sempre schivato la retorica ingenuadel naturalismo. Ha assunto come arazzi della civiltà agraria i teli di cotone stesi sotto gli alberi per raccogliere le olive. Con gli aloni e macchie delle spremiture e con il nero del bitume vi ha impresso una austera segnaletica della storia: i graffiti con labirinti e spirali solari nelle grotte salentine di Porto Badisco, le svastiche da planimetrie cubiste nelle cavità lucane di Serrad’Alto, l’araldica di gigli e lance dello svevo Federico, le formelle del Romanico.
Dai Novanta la passione di ricerca sull’arché del presente (è divenuto “ispettore onorario” della Soprintendenza per la tutela dei beni artistici) si è estesa alla scultura. Ha scoperto l’opportunità di realizzare calchi in polietilene, materiale di finzione leggera. Fantasmi concreti di statue e di teste della classicità greco-latina convivono come “Dormienti”(tema che ricorre da De Chirico a Mimmo Paladino) con oggetti della società contadina, quasi ready made  di una residua pugliesità. Già dalla prima sala una testa dorata di Hermes sormonta una scalinata di sedie impagliate avvolte da carrubi. “Archeologia del contemporaneo”, esaltata nel salone principale da un possente carro agricolo degli anni Cinquanta con enormi ruote decorate sul quale si ergono come eroi in trionfo una Venere, un Apollo, un Torso maschile. E dalla parete cala il sipario del più recente degli arazzi di Sivilli: una “Raccolta delle olive” da un’anfora etrusca del 500 a. C. (conservata nel British Museum) con figure nere di aguzza eleganza, salutata con guizzi cromatici di coppole contadine.
Così l’immaginario circolare dell’artista sembra tornare con stilizzata trasfigurazione al punto di partenza: la saga della natura interrogata dall’uomo e trasformata dal suo lavoro. Lavoro paziente e sapiente come quello del “popolo di formiche” cantato nel dopoguerra pugliese da Tommaso Fiore. Metafora inevitabile mentre,oltrepassando araldiche processioni di formiconi dipinti in nero e rosso, lo sguardo è attirato dalla misteriosa accensione di un video dentro una raccolta nicchia del castello. La telecamera osserva con fissazione ipnotica il frenetico andirivieni delle formiche attorno alla loro tana. Da ragazzo passavo ore disteso per terra nel tentativo di captarne i codici. Così dice di aver tentato invano anche Sivilli. Ma proprio in questo sta la fascinazione discreta dell’arte: nell’ostinata meraviglia di provocare domande senza pretendere risposte.
PIETRO MARINO

* La mostra antologica di Lino Sivilli  ”Classico Agreste – Un binomio da cercare negli ulivi” è aperta nel castello di Sannicandro di Bari sino al 19 maggio. E’organizzata dall’Ass. Culturale G. Scalera col patrocinio di Regione Puglia, Comunedi Sannicandro, Delegazione FAI di Bari. Presentazione in catalogo di Nicola Zito. Orari: dal martedì al venerdì 17-20, sabato e domenica 10-12.30 e 17-20.
Ingresso libero. Info: tel. 3338608159

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