lunedì 1 aprile 2013

Lasciano e raddoppiano Mara e Roberta: prima mostra al primo piano per ArtCore con Fabio e Gemis


Lasciano e raddoppiano Mara Nitti e Roberta Fiorito. La prima abbandonando col suo compagno Konstantinos la sede originaria di ArtCore in via De Rossi, la seconda chiudendo Fabrica Fluxus in via Celentano. E poi unendosi nella gestione rinnovata di ArtCore in altro spazio al centro: un appartamento in via De Giosa al primo piano riassestato in stile white cube, con stanze che consentono alla galleria non solo di esporre opere con buona visibilità ma anche di svolgere attività di relazione. Come, si vedrà: il coraggio delle ragazze merita un’apertura di credito. A cominciare dalla mostra inaugurale, piuttosto impegnativa aldilà della fredda eleganza di approccio. Ne sono protagonisti due giovani autori, il barese Fabio Santacroce e il teramano-bolognese Gemis Luciani. Uniti dal progetto di proporre opere su carta, muovono entrambi da un ambito neo-concettuale. Ma con percorsi ed esiti diversi.
Fabio si è fatto apprezzare negli ultimi anni con una serie di interventi installativi che mettono in scena repertori quasi da archivio, oggetti disparati sottratti alla dispersione o alla insignificanza con nitidi accostamenti che fanno lampeggiare problemi e disagi della vita sociale. Col nuovo progetto, applica il metodo per la prima volta (mi pare) al prelievo di immagini dalla pubblicità o dalla rete. Le estrae dalla funzione di consenso del consumatore e di messaggio di servizio (bancario, finanziario) al cliente. Le isola, le sovrappone. Ne deduce stampe digitali in post-produzione (per usare un termine caro al teorico francese Nicolas Bourriaud) ritagliate su vasti spazi bianchi. Intende così segnalare contraddizioni e ambiguità nel sistema della comunicazione. Ma nel diverso e distaccato ordine critico qualcosa dell’originaria aura delle icone si salva. Come la tigre che non riesce ad essere feroce nemmeno sottratta al contesto turistico.
In fondo è di post-produzione anche il lavoro di Gemis. Ripiega uno sull’altro i margini colorati di pagine di riviste patinate in modo che, esposti in verticale a parete, appaiono a distanza come quadri di astratto minimalismo, un po’ come dei Rothko tipografici. Ma poi si notano le pieghe che strutturano le fasce cromatiche, la lieve incurvatura dei fogli rivela la consistenza di oggetti promossi a funzione- finzione di bellezza. Estetica della marginalità (Marginal Compositions è il titolo della serie, 2010) ma anche del riciclo e della precarietà. Più esplicita in successive operazioni, da un happening del 2012 col bolognese Teatrino Clandestino di fogli che si staccano dalle pareti, ai recentissimi volumi di “pagine gialle” ritorti a guisa di sculture astratte. Con carte piegate gioca benissimo da tempo in Italia Stefano Arienti, ma mi sa che Luciani – frequentando da un po’ Berlino – respiri più aria di post-strutturalismo. Ha appena 30 anni, promette altre sorprese. 
Da tener d’occhio in via De Giosa 48, 1.piano, sino al 12 aprile. Info: tel. 080 9645299, cell. 3476574411, www.artcore.it.

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