domenica 10 marzo 2013

Pimenta per Cage



“Il silenzio non è altro che il cambiamento della mia mente. E’ un’accettazione dei suoni che esistono piuttosto che un desiderio di scegliere e imporre la propria musica”. Parole di John Cage, sintesi di Zen e di Fluxus. Possono introdurrealla mostra che si apre stasera nel Castello Svevo di Bari: un composito e spettacolare “omaggio” al grande artista, a conclusione prolungata delle celebrazioni per il centenario della nascita (1912). Protagonista dell’evento è Emanuel Dimas de Melo Pimenta, assai noto compositore – artista transmediale brasiliano, che di Cage fu amico e collaboratore dal 1985 sino alla sua scomparsa. Aveva elaborato un percorso nel quale studi e pratiche di musica e architettura di avanguardia si fondevano con interessi per le scienze semiotiche e neurali, quando Cage lo conobbe alla Biennale di San Paolo del 1985 e lo volle con sé a New York. Lì il giovane artista (nato nel 1957) compose per Merce Cunningham e la sua Dance Company. Nel 1988 Cage gli chiese di fotografare la sua casa-studio. Ed ecco, nel salone superiore del castello, le immagini in bianconero e formato gigante che si soffermano su dei cactus, una teiera, dei barattoli di spezie, una scacchiera, sassi di un giardinetto zen, un bicchiere, un gatto…. Gli oggetti vogliono essere “solo ciò che si è”, in luce liquida. E si fanno concreti proseguendo il percorso nella sala successiva: incontriamo trenta piante di cactus, un tappeto di ciottoli sbiancati, un tavolo ricco di spezie, video che trasmettono rari filmati fra cui un’ intervista a Cage del 1988. Infine due pianoforti, fra i quali Pimenta eseguirà una performance “a sorpresa”. 

Ma le sorprese iniziano già prima di entrare nel castello. Con un “concerto per 50 radio” portate da studenti dell’Accademia di Bari, e basato sulle variazioni di frequenza delle onde radio mescolate con le voci della città. Intanto l’immagine di Cage giganteggia in videoproiezione sulla torre, e dal fossato sale un “concerto di rane e grilli”. Fu composto da Pimenta nel 1984, dopo un viaggio in Amazzonia. Quando iniziava a mettere a punto una personale idea di musica elettronica come “voce del pensiero”, all’insegna di un minimalismo matematico – diciamo così- che si distende nello spazio-tempo per evocare respiri della vita e della natura. A Foreste, Oceani sono intitolate alcune delle composizioni che avvolgeranno i visitatori. La più toccante è “Mesostic”composta da Pimenta nel 1992 basandosi sulla registrazione del respiro di Cage, morto poco tempo prima. In mostra anche gli spartiti che assumono valenza autonoma di tavole di astrazione grafica ( “opere diagrammatiche”, le definisce l’autore). 
L’evento è stato voluto e curato da Lucrezia de Domizio Durini, la celebre baronessa abruzzese che vive a Parigi impegnata – nel nome e nel culto del grande artista ed amico Joseph Beuys - a promuovere iniziative di arte come “utopia concreta”, riversata nella vita e nel sociale. Ad esse partecipa sin dai Novanta, l’artista brasiliano. Con lui è nata l’idea di rendere omaggio a Cage – dice Lucrezia – con una mostra inedita per l’Italia. Scegliendo come sede Bari perché “sta sullo stesso parallelo di New York”, dove Cage visse e morì. L’occasione è stata propiziata da Amedeo De Mitry, organizzatore di Expo Arte - la fiera barese che prova a risollevarsi con l’edizione numero 30 - per il tramite di Ninni Esposito, decano dei galleristi baresi delegato alla cura degli eventi collaterali, e grazie alla disponibilità del Soprintendente Salvatore Buonomo e della direttrice del castello Annamaria Lorusso. Sono attesi molti ospiti anche dall’estero, per una festa che sarà conclusa dal taglio di una torta di tre metri e mezzo con cento candeline. E con botto di spumante per il maestro del silenzio.
PIETRO MARINO
* S’ inaugura stasera alle 21 nel Castello Svevo di Bari la mostra –evento “Pimenta for Cage”, con una conferenza sul tema “John Cage - Ascoltare il silenzio”. Parlano la curatrice della mostra Lucrezia de Domizio Durini, Pilar Parcesius critica e storica dell’arte spagnola, e l’artista Manuel Pimenta. La mostra sarà visitabile sino a fine aprile. L’evento sarà preceduto alle 17 dalla inaugurazione della mostra “Armonia del Silenzio” nel Padiglione Nuovo della Fiera del Levante. Curata da Ninni Esposito, presenta opere di 26 artisti italiani e stranieri, provenienti in massima parte dalla collezione di Lucrezia de Domizio. Entrambi gli eventi rientrano nell’ambito delle manifestazioni collaterali della 30.ma edizione di Expo Arte che s’inaugura anch’essa in fiera alle 17 e resterà aperta sino al mattino di lunedì 11 marzo.

sabato 2 marzo 2013

Sguardi sul mondo dell'arte Novanta (un collezionista americano nel Museo Pascali)


Nel buio di una stanza del Museo Pascali a Polignano troneggia un vecchio cassettone sormontato da un grande specchio. “Dentro lo specchio” scorrono in videoanimazione disegni di oggetti comuni e piante, profili di gru, personaggi che appaiono e scompaiono. Quasi un sogno come suggerisce il titolo, Sleeping on Glass, “Dormire sul vetro”, di questa storica installazione di William Kentridge, l’artista sudafricano bianco tra i più famosi al mondo. Non ha perso fascino da quando la vidi nella sua prima apparizione, in Villa Medici a Roma, 1999. L’opera (accompagnata da una serie visionaria di disegni a carboncino e pastello) si colloca nel cuore di un percorso che mescola con fantasia trascinante motivi sociali dell’apartheid, avventure esistenziali sul filo di surrealtà, affondi nella cultura letteraria e teatrale dell’Europa. Kentridge reinventa e manipola vecchie tecniche come il disegno a carboncino, l’animazione povera da cinema delle origini, sagome da teatri delle ombre. Arte “politica”, la definisce, cioè “arte di ambiguità e contraddizione, gesti incompleti ed esiti incerti”.
Condizione linguistica e sociale che connota largamente l’arte degli anni Novanta. A quel periodo risalgono quasi tutte le trenta opere dei 16 autori rappresentati dalla mostra che si apre stasera. “Sguardi sul mondo” estratti dalla collezione privata di Douglas Andrews, un facoltoso americano che dalla nativa Virginia è venuto a vivere sin dal 1988 in Italia, nei pressi di Roma. I suoi amici Mary Angela Scroth, anche lei americana a Roma (dirige l’attiva “Sala 1”) e l’artista Guido Orsini hanno selezionato i pezzi cercando “un’identità che si leghi ai vari aspetti del lavoro di Pascali”.
 Impegno apprezzabile di omaggio al grande artista barese nel cui nome è nato il Museo. Ma più che avventurarsi alla ricerca di riscontri puntuali e spesso improbabili, conta la tonalità complessiva di un immaginario con evidenza fisica e con spiccati sensi ironici e ludici. Risalta da un variegato  panorama di oggetti iconici e installazioni:“finte sculture” si potrebbe dire, con termine caro a Pascali. Proprio “finte sculture” sono i giganteschi metafisici fiori cilestrini plasmati e fotografati nel 2002 dal brindisino di Parigi Giuseppe Gabellone. Il grande “osso rotto” in marmo di Carrara dell’italo-americana Jessica Carroll che apre come un reperto preistorico il percorso espositivo. La calza di lana bucata che Paolo Canevari erige come una statuetta da isola di Pasqua.
Percorsi diversi dell’arte Novanta sono segnalati con nomi eccellenti. Il neo-pop schiera il suo artistar più osannato e vituperato, l’americano Jeff Koons con un trofeo floreale fatto di  palloncini gialli. A seguire, la bad girl inglese Sarah Lucas con il calco di un water ambrato come un trono e il cagnolino Coco impellicciato con filari di sigarette. Inquietudini americane lampeggiano nella porta (1988) piegata in pezzi da un incubo adolescenziale di Robert Gober  e nell’elenco telefonico di New York  che Tom Sachs fece squarciare nel 1997 dall’amico Andrews  con un colpo di pistola. Prototipi di arte pubblica, “di servizio” o relazionale sono gli Escape Vehicles dell’americano Andrea Zittel che vidi girare per le strade di Munster in Germania nel 1997. Uno di essi è atterrato come una inerte navicella spaziale nel salone del museo.
Alcune presenze annunciano gli anni Duemila. Maestro di arte-scienza che produce sogni di tecno - natura è il celebrato islandese Olafur Eliasson. E’ rappresentato da un lavoro recente, una magica conchiglia trasparente che fluttua con mutanti iridescenze da led (Homage to P. Schatz,2012). Ma aveva iniziato da landartista, come dimostrano le 24 foto di suoi camminamenti 1999  nella campagna islandese, una vera chicca. E quanto ancora l’arte contemporanea debba ai concettuali inganni di Duchamp è confermato dalle due ante bianche di porta “impotente” chiuse ad angolo nel 2001 dalla ora lanciatissima coppia scandinava Elmgreen &Dragset .
Altre interessanti opere di artisti a noi meno noti, ma scelti con coerente gusto dal collezionista, sono di Robert Beck, Arturo Herrera, Marepe. Ma ad un quadro in particolare Andrews è molto affezionato, una tela 1989 di Donald Baechler, affermato ex graffitista americano. Vi è sagomata in nero una valigia. Come la valigia piena di mazzette di vecchie lire che lui portò a Lucio Amelio, autorevole guru dell’avanguardia napoletana, per acquistare proprio quel quadro. Era il 1990, cominciava così, all’italiana, la sua avventura di amatore dell’arte del proprio tempo.
PIETRO MARINO
* Si inaugura oggi (ore 19) nel Museo Pino Pascali a Polignano a Mare la mostra “Uno sguardo sul mondo – Opere da una collezione privata”. Intervengono il sindaco di Polignano Domenico Vitto, la direttrice del Museo Rosalba Branà, il collezionista Douglas Andrews, Marilena Abatepaolo assessore comunale alla Cultura e la prof. Christine Farese Sperken. 
La mostra resterà aperta sino al 1 maggio. 
Orari: dal martedì alla domenica 11-13, 17-21. 
Ingresso 1 euro. Info: tel. 080 4249534