lunedì 1 aprile 2013

Fellini nella mente di Annamaria



Fra gli omaggi che Bari dedica a Federico Fellini in occasione del Bifest, assume interesse particolare una mostra aperta con discrezione in un paio di sale dell’hotel Palace. La particolarità sta nel fatto che non è una rassegna con documenti, o fotografie, o illustrazioni. Si tratta di una dozzina di tavole dipinte da Annamaria Suppa, artista barese di cui è nota da anni la propensione per modi espressivi che tendono all’astrazione di derivazione informale: con gestualità larga di segni e gamma cromatica bassa che privilegia macchie e impennate di ocre e di grigi, fra addensamenti materici e improvvisi scolorimenti. Un repertorio interiore e con fondo malinconico che sembrerebbe stare agli antipodi della visionarietà del mondo felliniano, almeno nella vulgata che ha reso amabile a tutti il grande regista scomparso. Immagine confermata dalla mostra di disegni di Fellini aperta nella sala Murat, dove Federico “racconta” i suoi sogni (probabilmente li inventava anche) con disegno allegro da caricaturista e con minuziosa scrittura da diario privato.
Ma proprio qui si colloca la sfida disagevole della pittrice: nel provare a conciliare leggerezza e dramma, traducendo in linguaggio di libera immaginazione le ossessioni iconiche profuse nei film. E non in modo evasivamente generico, ma proprio evocando personaggi e scene (da 8 e ½, La Dolce Vita, La Strada, La Città delle donne, Le notti di Cabiria…). Così appaiono con tratti sommari, come maschere spiritate, la Saraghina e il Matto, Gelsomina e Zampanò, i Clown e le Donne, Marcello e Giulietta…Ma variando e mescolando acrilici e gessetti, matite e collages sui legni, Annamaria tende soprattutto ad animare movenze della memoria in dialogo turbato. Traccia segni filamentosi e trascinamenti di colore in cerca di luce. Esalta in indulgenti sarabande di tette e guizzi di gambe le visioni erotiche del regista. Ne commenta ironicamente i cattolici sensi di colpa con filari di pretini neri. Disperde negli spazi le acrobazie da circo e le magìe da sogno impennando figurine in fuga. Svolge infine con un sinuoso collage verticale di disegni acquerellati un gran finale da parata di Otto e mezzo, memore dei ritmi di Nino Rota. “Federico on my mind” è il titolo della mostra, visitabile sino al 24 marzo. Poi l’omaggio a Fellini si trasferirà a New York, nell’Istituto italiano di Cultura. 

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