sabato 14 settembre 2013

Quando le donne si amano e si odiano (un video di Giulia Caira)


Sulle pareti bianche della galleria si stende ad angolo una doppia videoproiezione. Due donne si azzuffano furiosamente all’interno di una cella circolare, come in una contesa di wrestling. Ma non c’è pubblico e sembrano odiarsi davvero. I due punti di ripresa esaltano le tensioni plastiche dei corpi e i sommovimenti degli spazi. Improvvisamente l’obiettivo si sposta su una sala da ballo di eleganza modernista con molte coppie che danzano, coinvolgendo le due donne che ora si avvinghiano con passione amorosa. Poi tornano a battersi, o forse la sequenza va letta all’inverso: la proiezione in loop  non fa distinguere un inizio da una fine. Non c’è una storia da narrare insomma, ma una tipica relazione tra donne da evocare: “l’amicizia e la complicità da una parte, l’invidia la rivalità e il conflitto dall’altra”, dice l’autrice del video, Giulia Caira. S’intitola “Evil Sisters” ed è presentato a Bari in prima nazionale. Una “riflessione autocritica sulla condizione femminile” che segna un punto significativo nel percorso dell’artista di origine calabrese (Cosenza 1970) ma incardinata da sempre a Torino. Da lì è emersa fra le protagoniste della generazione Novanta che hanno rinnovato in Italia i linguaggi di relazione fra arte e vita guardando a esempi forti, Cindy Sherman, Nan Goldin, Francesca Woodman…

Fu un esordio coraggioso il suo, con fotografie aggressive tra grottesco e noir nelle quali metteva in causa il proprio corpo in interni chiusi, tra rispecchiamenti deformanti, misteriosi avvolgimenti in teli di plastica. Col passaggio al video (“Se stasera sono qui”, 2004) ha affinato aperture concettuali di sguardo sulla vasta “zona di disagio” (per dirla con Franzen, scrittore a lei caro) che accomuna nei Duemila smarrimenti individuali e crisi della società. Instabili e problematiche  “relazioni intime” – titolo di video 2006 ispirato a Beckett – che si sporgono su un “confine incerto”(2005). Le più recenti mutazioni d’identità in “Virago” 2008 e le storie quotidiane rivelate con  “Le parole nascoste” 2009 si distendono in distacco visivo, scambi sottili fra realtà e finzione, anche con una punta di ironia. Nelle “Perfide Sorelle” riaffiora il gusto per il noir (dice di aver tratto spunto dalla cronaca di un delitto a Torino, una giovane uccisa dalla sua migliore amica) che si colora di attualità mentre sale l’onda di protesta contro il femminicidio. Ma qui la violenza si scatena fra donne – fenomeno indagato da diversi studi, come bene segnala Francesca Referza curatrice della mostra. Non è tanto questione di genere (la femminista “differenza”), sostiene Giulia Caira in una recente intervista: “il disagio di uno è un problema che riguarda tutti”. E nel “doppio movimento” quasi da cinema, nel corposo realismo del ribaltamento teatrale, rispecchia le alternanze del suo attuale stato d’animo: “ottimismo speranzoso e pessimismo terreno e cosmico”. 
A Bari, da Muratcentoventidue, sino al 30 giugno, da martedì a sabato 17-20. 
Info: 3938704029. 

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