sabato 14 settembre 2013

Luigi Presicce, dal Salento magico alla contemporaneità



Re Salomone che visita i tagliatori delle pietre per costruire la Cupola della Roccia di Gerusalemme, e i tagliatori che rispondono battendo colpi di scalpello, a ricordare la confusione delle lingue nella Torre di Babele. Confusione moltiplicata da citazioni sceniche dalla Grosse Halle eretta nella Berlino nazista dall’architetto Albert Speer. Questo il nucleo della performance tenuta il 27 luglio nel Palazzo Danieli a Gagliano del Capo da Luigi Presicce, artista salentino in grande ascesa (è nato a Porto Cesareo nel 1976, vive – per quel poco che ci sta – a Milano). Alla performance “Le tre Cupole e la Torre delle Lingue” organizzata dall’associazione Capo d’Arte poteva assistere uno spettatore per volta, e per soli due minuti. Più o meno quel che avviene in tutte le sue opere realizzate dal 2007 ad oggi. Quasi a sollecitare un rapporto personale di meditazione  con la liturgia esoterica che l’artista mette in scena. Se ne fa sacerdote con vista occlusa da una maschera calata sulla fronte – di solito una piramide bianca. Una liturgia ridotta a poche  mosse, se non addirittura condotta a fissità assoluta e prolungata, da tableau vivant.
Così avveniva nella performance “La Benedizione dei Pavoni” tenuta a Porto Cesareo nel 2011 alla vista solo di due bambini. Lui stava per sei ore immobile in un gazebo con pavoni, in tunica bianca e grembiule rosso massonico, circonfuso da un’aureola di luminarie paesane. Tradotta in video ed esposta a Firenze nella mostra di sedici “Talenti Emergenti”, valse all’autore il premio internazionale  indetto dalla Fondazione Palazzo Strozzi. Consisteva nella edizione di una monografia a cura del Centro di cultura contemporanea Strozzina, organizzatore della rassegna. Pubblicata da poco, costituisce un prezioso e raffinato contributo alla conoscenza di una personalità complessa e anomala nel panorama dell’arte italiana di oggi: con saggi di Franziska Nori e Barbara Gordon e schede di opere dal 2009 al 2012 illustrate con apparati di tavole a colori. Ne emerge la figura  di un artista-sciamano (come Dalì, Ontani, Beuys) ispirato da “Mistici e Maghi” (raccolti in un suo libro d’artista del 2009). Ovvero “figure carismatiche o icone religiose e pop, personaggi e luoghi di derivazione massonica, esoterica o politica” (scrive Franziska Nori) che popolano un “gioco di rimandi tra arte e vita”.
Trapassando dalle scene fisiche a video e fotografie, si costituiscono degli apparati teatrali vissuti da personaggi della storia e della cronaca nell’ambito di scene dell’arte, medievale, rinascimentale, barocca –  Giotto in specie – e di repertori allegorici di sette e di religioni. Un mixage eseguito con esatti ritmi interni, con lucidità ieratica, che richiede o crea “intimità, solennità, intensità e risonanza” (Barbara Gordon). Una impenetrabile misura di allucinazione iconica che affonda radici antropologiche e culturali nel Salento magico, popolare e bizantino, per risalire al Carmelo Bene di Nostra Signora dei Turchi che lo emozionò da ragazzo. Presicce torna spesso nella sua terra per ambientarvi molte delle oper/azioni documentate nel libro, col team ormai consolidato di giovani collaboratori, anzi co-autori. Ma la svolta alla sua ricerca (iniziata dopo l’Accademia di Lecce come pittore di fantasia grottesca) risale –  lui stesso dichiara – ai workshop 2007-8 condotti da Joan Jonas (Fondazione Ratti a Como) e Kim Jones (Viafarini, Milano), artisti americani che hanno rinnovato la performing art in chiave concettuale - surreale. Così le radici dell’Origine sono rivitalizzate da Presicce attraversando percorsi della Cultura contemporanea. Al libro in edizione bilingue, l’artista pugliese ha premesso in epigrafe il lamento di un brigante meridionale, Michele Caruso: “Ah, Signurì, s’avesse saputo  legge e scrive avrìa distrutto lo genere umano”. Nella traduzione inglese a fronte, sembra Shakespeare: “Oh Sir, had I known how to read and write, I would have destroyed the human race”.

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