sabato 14 settembre 2013

Le cose che non accadono (secondo Raffaele Fiorella)

Non ha perso la voglia di sperimentare, di cercare nuove strade Raffaele Fiorella (Barletta 1979). Anche in una fase ormai abbastanza lunga nella quale hanno ottenuto consensi larghi le sue finestrelle e i suoi teatrini composti con doppio sguardo di figurine sagome in nero contro fondi video. Scene che hanno variato da sguardi misteriosi e maliziosi su interni di vita quotidiana a inquietudini ambientaliste, vaghi presagi di apocalisse, sino ad esplosioni nel fantastico. E con sempre più impegnative imprese di installazione complessa, come si è visto quest’anno con la personale all’interno di un capannone industriale a Barletta e col progetto finalista nel concorso indetto a Napoli per un’opera permanente in Castel Sant’Elmo (mostra ancora in corso).
Ora, nella nuova personale a Bari si è lanciato in diversa dimensione linguistica, con prove di computer grafica tradotte in una serie di immagini a stampa e in video. Dalla libera elaborazione digitale di forme-base circolari e ovali sono nati lucidi volumi di astronavi a palla o a sigaro che atterrano un po’ goffamente tra grafismi di alberelli stecchiti. Oppure improbabili radici spuntano dagli oblò e si allungano su terreni aridi, paesaggi desertici di analogo inerte candore. Proprio ghiacciai talvolta, banchise polari come quella su cui è incagliato una specie di dirigibile. Le navi spaziali sono segnate in abbondanza ritmica da finestrelle, portelli da cui cala una scaletta di corda, ma non c’è alcun indizio di presenze umane, terrestri o alieni che siano.
Scenari sintetici di “cose che non accadono” (titolo della mostra) rinviano a forme primarie di una fantascienza “da libri mai letti” – come dice l’autore al presentatore Lorenzo Madaro – con residui di umori ecologisti che avevano informato prove precedenti. Un immaginario sterilizzato da  passioni, che si consegna con fredda ironia formale ad una condizione di metafisico stupore. Qualche flusso d’inquietudine scorre invece nel video che evoca – sempre in finzione digitale – un’acqua alluvionale che trascina flemmaticamente sedie tavoli e oggetti. Non sembra effetto di naufragio, piuttosto una libera esondazione della fantasia dalla costrizione di schemi rassicuranti, una fuga dal rischio di stagnare nella maniera. Nella galleria Museo Nuova Era (via  dei Gesuiti 13) sino al 17 giugno. 
Orari: 17-20, domenica chiuso.  
Info: tel. 0805061158, 3480352614.

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