sabato 14 settembre 2013

L'arte liquida deborda dal Castello



Dichiara tutto il suo debito a Zygmunt Bauman il festival d’arte contemporanea “Liquid Borders” che dal Castello Svevo di Bari deborda (è il caso di dire) nella Sala Murat e in Santa Teresa dei Maschi. Prova a verificare con opere di fotografia, video e installazioni la visione della “società liquida” diffusa dal sociologo polacco con successo mediatico (spinto sino alla banalizzazione, ammonisce Carlo Garzia nel catalogo Adda). Ma da tempo non sospetto Luca Curci – il giovane ideatore e curatore della rassegna con Fausta Bollettieri – dichiara attenzione per i fenomeni di mobilità, ibridazione, sconfinamenti che connotano la condizione attuale. La riporta persino nelle modalità di reclutamento e assemblaggio dei 42 autori da 25 paesi che compongono la rassegna: per invito e per selezione online – quindi con diversi livelli di riconoscibilità come di qualità - e mescolando competenze ed esperienze. Per dire: da un autorevole maestro calabrese-argentino come Antonio Trotta rappresentato da due storici lavori 1972 – fotografie di finestre concettualmente emulsionate su vetro – al pressoché esordiente barese Stefano Romano (un disegno di edificio con vetri infranti da una misteriosa battaglia). In mezzo – anche per la posizione strategica nella corte del Castello -  si potrebbe collocare l’installazione di un’artistamidcareer come Daniela Corbascio: una sorta di capanna montata precariamente su carrelli portatili, che inalbera su forti pali di metallo e neon una giostrina di ricordi di casa materna.
Già così si delinea una fenomenologia “marginale” di frammentazioni e sdoppiamenti che trova interessanti variazioni nelle opere esposte (mi mancano ahimé i promettenti video proiettati in serie a Santa Teresa). Il tema della del nascondimento e mutazione d’identità ricorre nella installazione con maschere di lattice e nella impressionante videoperformance di Daniel Pesta (Praga 1959), come nelle fotografie digitali con volti nascosti da calze o lampade della tedesca Catrine Val. La condizione liquida della società di massa è segnalata con raffinati trascinamenti e dissipazioni d’immagini da Nora Schoepfer (Vienna 1962) mentre si esalta esteticamente con dissolvimenti di cromatismi orientali  nel videoSolipsist di Andrew Thomas Hung (miglior corto al Sundance Film Festival 2012). Altri gruppi di fotografie puntano sulla marginalità sociale e geopolitica, come Sanja Jovanovic (Serbia) e Labib M. Sharfuddin (Bangladesh). La condizione dei fuggitivi e dei rifugiati è evocata dall’allineamento (piuttosto scolastico) di coperte con cuscino per terra lungo la sala Murat, di Emanuele Saracino. E può essere una significativa sintesi della impegnativa riflessione proposta da Liquid Borders la voce dell’americana Heather Connelly che ripete nella stessa sala, in più lingue, il mantra spiazzante e invocante This is Me: come a riconoscersi e nello stesso tempo perdersi nell’Altro. Sino al 31 luglio. Info: tel. 0805234018, 3387574098.

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