mercoledì 16 gennaio 2013

Mario Cresci, non solo Fotografia






Forse Fotografia. Perché Mario Cresci, uno dei fotografi italiani più famosi, ha voluto dare questo titolo dubitoso alla sua impresa recente, le tre mostre con interventi site specific realizzate fra novembre 2010 e gennaio 2012 in altrettante istituzioni pubbliche prestigiose, la Pinacoteca nazionale di Bologna, l’Istituto nazionale per la Grafica di Roma e il Museo nazionale d’arte medievale e moderna di Matera? La risposta, anzi le risposte stanno nel libro edito da Allemandi che porta lo stesso titolo. Se ne parlerà domani a Bari con l’autore, dopo la presentazione a Matera nel settembre scorso. Già recensendo in giugno l’ultima tappa del tour, quella in Palazzo Lanfranchi, segnalavo  le inquietudini che da sempre governano la fotografia di Cresci (magari accresciute sul varco dei 70 anni), i suoi percorsi spiralici e labirintici che procedono per misurazioni, rispecchiamenti, spiazzamenti. Per “analogie, simmetrie e contrapposizioni”, scrive nel suo intervento in volume.
Svolge “fra sperimentazione e dubbio” l’impresa di portare un’immagine “dall’invisibile al visibile” (titolo del workshop che inizia venerdì, un po’ citando Paul Klee ). Per lui la fotografia è solo uno dei mezzi – fondamentale, certo – di un sistema comunicativo che include il disegno (sin dagli studi giovanili di design a Venezia) ed anche installazioni. Attitudine esaltata nelle tre mostre con modalità diverse, anche spettacolari: cercando e rivelando relazioni con gli spazi museali e con le icone dell’antico, rielaborando “il tempo della memoria”.
La singolarità della esperienza di Cresci, che la rende un caso forse unico nella fotografia contemporanea italiana, sta proprio nella varietà delle procedure di smontaggio-rimontaggio delle immagini per dedurne una libera “sintassi” creativa. Un po’ come Ugo Mulas nelle storiche  “verifiche”, intende il medium fotografico come “decostruzione” del visivo (termine che ricorre da Derrida a Rosalind Krauss): metodo di analisi che rinnova di significati i reperti del reale. Lui stesso cita le tavole della Enciclopedie illuminista, ma vengono in mente anche le incisioni piranesiane. Proprio da Piranesi ricava alcune delle operazioni compiute col disegno nella mostra a Roma: frottages, “copie di copie”, calchi, che non solo estraggono “tracce” dagli strati del passato ma ripassano graficamente anche la storia della fotografia.

Insomma Cresci è un “archeologo o ecologo del segno”, suggerisce con felice metafora Marta Ragozzino, la soprintendente di Matera che ha curato il volume con il collega di Bologna Luigi Ficacci. Potrebbe dirsi un anatomista, anche. Pensando alle operazioni compiute in Palazzo Lanfranchi, quasi un “ospedale dell’arte”: con estrazioni visive di seni, mani, ferite dal corpo dei santi, con bende di carta velina squarciata posate sui volti dei personaggi di Carlo Levi. E un foro slabbrato nel muro - quasi una piaga o piega deleuziana - è la fotografia in copertina di libro. Un coerente “libro d’arte” con la sua fascinosa sintassi di testi e immagini che non riguardano solo le mostre da cui ha origine. Propongono la coerenza del lavoro dell’autore anche col tempo in apparenza diverso e lontano della permanenza a Matera negli anni Settanta-Ottanta e dei fecondi rapporti con Bari. Le ricerche compiute tra la gente lucana, tra gli oggetti della cultura materiale, nella case e nelle cave sono per lui anticipazioni di un percorso compiuto in un “tempo circolare” (Roberta Valtorta). Nell’approccio semiologico il rigore formale dell’analisi in luce fredda e nitida è riscaldato da una tensione “attraverso l’umano”, dal bisogno di  relazioni creative “socialmente utili”. Perché – scrive Goffredo Fofi in apertura di libro – la sfida e la ricerca incessante di Mario Cresci vuole sì collocarsi nel tempo, ma “il tempo profondo e decisivo”. Per comprenderlo e superarlo “negandone le apparenze e le finzioni, cercando un nuovo tempo”.
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* Viene presentato domani giovedì 17 gennaio alle 17.30 nella sala conferenze del Politecnico di Bari (via Amendola 126/B) il volume “Mario Cresci – Forse Fotografia”. Intervengono, con il celebre artista, il rettore del Politecnico Nicola Costantino, Marta Ragozzino Soprintendente ai Beni storici e artistici della Basilicata e il critico d’arte Pietro Marino. Il volume è edito da Allemandi per la cura della Direzione generale del Ministero dei Beni Culturali, Servizio architettura e arte contemporanea. L’evento è promosso dal Laboratorio del Museo della Fotografia del Politecnico diretto da Pio Meledandri.

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