domenica 20 gennaio 2013

Brancusi nascosto nella Natura: la "fotografia diretta" di Edward Weston

    Weston, Nude 1934

Weston, Dunes 1936


Un peperone fotografato in bianco e nero che assomiglia al corpo palestrato di un lottatore, o ad una statua di Rodin. E’ una delle icone di culto nella storia della fotografia e famoso ne è l’autore, Edward Weston. Negli anni Venti-Trenta del secolo scorso il grande americano (1886-1958)  si fece protagonista di un modo nuovo di “pensare per immagini”. Propugnò la straight photography, la “fotografia diretta” che rinnegava il “pittorialismo” di primo Novecento. “La fotografia deve essere fotografica”, sosteneva (cioè non deve essere ancella o concorrente dell’arte). La camera deve “registrare la vita, la vera sostanza e la quintessenza delle cose in sé, si tratti di lucido acciaio o di carni palpitanti”. E nudi di statuaria bellezza plastica, metafisiche  strutture di fabbriche, dune come corpi e nuvole come montagne, verze e funghi che sembrano organi sessuali si susseguono con implacabile evidenza volumetrica nella mostra curata da Filippo Maggia che dalla Fondazione Unicredit per la Fotografia di Modena è passata  - sino al 17 febbraio - nel CIAC (Centro italiano arte contemporanea) di Foligno, emanazione della locale Cassa di Risparmio. Unico è il catalogo, un elegante volume edito da Skira (150 pagine, 40 euro) che riproduce tutte le 110 fotografie in esposizione.
Furono scattate dall’inizio degli anni Venti alla soglia dei Quaranta: il periodo fondamentale e fecondo di Weston, che dal 1948, colpito dal morbo di Parkinson, smise di fotografare, dedicandosi con l’aiuto dei figli avuti da donne diverse a ristampare e pubblicare la sua produzione di immagini (per i Project Prints selezionò nel 1952-55 un corpus di 832 foto). La svolta “realista” avviene nel 1922 quando Weston dalla nativa Chicago va a New York e vi incontra il pioniere della fotografia moderna Alfred Stieglitz e la già famosa pittrice Georgia O’ Keeffe. Nel 1923 va nel Messico rivoluzionario con un’altra celebrata fotografa, Tina Modotti che diviene sua amante. Insieme mettono a punto un metodo che punta sulla ripresa ravvicinata di persone e oggetti in primissimo piano con luci perfette. Tagli di inquadrature condotte a nitidezza assoluta di incisione grazie alla stampa a sali d’argento, con effetti di realismo epico che nella sua evidenza monumentale si porta sul limite dell’astrazione plastica.
E’ il percorso che da allora in poi Weston, stabilendosi in California, conduce  a risultati di irripetibile virtuosismo. Messo a punto anche a livello teorico con la fondazione nel 1932 del gruppo “f/64” con Ansel Adams, Imogen Cunningham e altri: nel simbolico numero di diagramma si concentrava il canone formale della messa a fuoco ideale e della stampa per contatto su carta lucida. Weston la applicò anche quando, nel 1933 partecipò al programma rooseveltiano della Farm Security Administration. Ma non si occupò di soggetti sociali come altri grandi colleghi, Dorothea Lange, Walker Ewans. Solo ritratti di singoli personaggi, comprese mogli e amanti, e ancora visioni di natura dopo il ritiro a Point Lobos: le dune di sabbia dei deserti, le rocce e gli alberi dello Yosemite Park, le spiagge oceaniche di Carmel.
Tra cultura del realismo magico e purismo, lontana dalla pratica del reportage come dalla poetica bressoniana del “momento fermato”, la fotografia di Weston si consegna a noi,  nel tempo del colore e della finzione digitale, con la suggestione di un felice paradosso, di una intrigante ambiguità. Voleva affermarsi come “espressione vitale della contemporaneità”, ci ha rivelato la Forma senza tempo nascosta nella Realtà. “Ho provato – scrisse orgogliosamente nei suoi Diari – che la Natura ha in sé tutte le forme (semplificate) che Brancusi o qualche altro artista potrebbe immaginare”.

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