martedì 21 maggio 2013

Jimmie Durham, un indiano d'America fra gli ulivi di Puglia (flashback per una mostra nel teatro Margherita a Bari)


Dopo un anno e più, il Comune di Bari riapre all’arte contemporanea il Teatro Margherita. Lo fa recuperando una personale di Jimmie Durham, 73nne artista nativo-americano di fama internazionale, che molto ha a che fare con la Puglia. Lo dichiarano subito due possenti radici di secolari ulivi pugliesi che  s’impongono come tormentate sculture informali al centro della hall nella loro nudità esaltata da minimali scortecciamenti, a contrasto con la decadente grazia degli spazi. Durham si caricò dei monumentali objets trouvées vegetali due estati fa, recuperandoli dall’abbandono in un cantiere di barche a Monopoli. Era  ospite di Maurizio Morra Greco, il noto collezionista napoletano titolare della omonima Fondazione, nella sua residenza estiva nelle campagne fra Ceglie Messapica e Ostuni. In seguito, ha dedotto  da altri ulivi pugliesi e da alberi di noce molisani assi di taglio sommario, tronchi mozzati e sbozzati, rami levigati. Li ha composti quasi ad evocare una selva di “sculture” povere, che ora s’innalza umbratile fra i pilastri del teatro.
E’ stata così ricreata in diverso contesto la personale con 21 pezzi che lui curò personalmente tra dicembre del 2012 e febbraio di quest’anno a Napoli, nella Sala Dorica del Palazzo Reale, come evento iniziale del “Progetto XXI”. E’ una  rassegna di arte “avanzata e sperimentale” (con nove mostre lungo tutto il 2013) curata dalla Fondazione Morra Greco sotto l’egida del MADRE, il Museo di arte contemporanea che ha intrapreso un nuovo corso sotto la presidenza di Pierpaolo Forte. Però la mostra di Durham era stata concepita come atto finale del progetto di collaborazione che Morra Greco andava sviluppando con il Comune di Bari  e che doveva sfociare nella costituzione del BAC, museo di arte contemporanea nel teatro Margherita. Le cose poi sono andate diversamente – diciamo così. E Durham, che dall’anno scorso ha scelto di vivere proprio a Napoli,  tenne lì la sua mostra nata da un sogno di Puglia.
Ne scrissi allora sulla “Gazzetta”. E ancora una volta, i pezzi s’innalzano come sogni energetici di frammentata bellezza. Li tengono insieme placche inchiodate o morsetti di falegname, in bilico precario su colonnette treppiedi tavolini capitelli che l’artista ha scovato dai rigattieri di Napoli, esili piedistalli della memoria. Li segnano o puntellano blocchetti di grigia lava vesuviana. Si protendono come creature meticce nate da connubi ancestrali fra natura e cultura dei luoghi, con scabra ricerca di equilibri per la quale l’artista richiama la lezione di Brancusi (gli rende esplicito omaggio una delle opere esposte). Dei totem, verrebbe da dire se Durham non raccomandasse di evitare simili definizioni. Così come non ama che si esalti la sua origine di pellerossa. Non perché rinneghi la tribù cherokee deportata in Arkansas nella quale è nato, né le numerose battaglie da lui combattute per i diritti degli indiani d’America. Ma vuole evitare l’equivoco di letture etno-folcloriche, così come ha combattuto la mitizzazione del Wild West. Del resto vive in Europa da oltre vent’anni e non ha voluto più mettere piede negli States.
Le sue  “sculture” invece interrogano il vitalismo dei luoghi incontrati, se ne nutrono. “Lui ci parla con le pietre”, testimonia Maurizio Morra Greco che da tempo segue il lavoro suo e della moglie, la brava artista messicana Maria Teresa Alves. Pioniere di una idea di arte antropologica, la cultura naturista e libertaria del nativo americano ha incrociato (sin da Documenta Kassel 1992) il clima di poverismo europeo alimentato dal ricordo ancora vivo di Beuys. Così il suo lavoro di decostruzione primaria e di rivelazione precaria, “anarchitettura”, ha interessato molti giovani artisti. Ma quel che interessa e (probabilmente) si comunica con immediatezza al pubblico, è la rivelazione surreale del senso profondo del rapporto che lega la natura vegetale e minerale con il lavoro dell’uomo, testimoniato dalle sue reliquie, attrezzi umili, pezzi di tubi. Per questo la mostra nata fra Napoli e Bari s’intitola “Wood stone and friends”: un dialogo silenzioso fra amici.

*Si inaugura oggi a Bari nel Teatro Margherita (ore 19) la mostra personale di Jimmie Durham “Wood Stone and Friends” organizzata dal Comune di Bari e dal Museo MADRE di Napoli in collaborazione con la Fondazione Morra Greco. Resterà aperta sino al 31 agosto 2013, con ingresso libero. Orari: dalle 12 alle 20, mercoledì chiuso.  L’inaugurazione sarà preceduta da un convegno nella sala consiliare del Comune, sul tema “Contemporaneo Sud – per una strategia culturale di raggio meridionale”. Relazione introduttiva di Pierpaolo Forte presidente della Fondazione Donnaregina. Intervengono Angela Barbanente assessore ai Beni Culturali della Regione Puglia, Caterina Miraglia assessore alla Cultura della Regione Campania, Roberto Grossi presidente Federcultura Roma, Gregorio Angelini direttore regionale dei Beni Culturali di Puglia e Campania. Coordina Vito Labarile consigliere incaricato del Sindaco per le arti visive, conclude il sindaco di Bari Michele Emiliano.

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