martedì 21 maggio 2013

In memoria di Cristiano De Gaetano


Come primo omaggio a Cristiano De Gaetano - l'artista tarantino scomparso a soli 37 anni - riporto qui di seguito il "colpo d'occhio" che scrissi per  la sua personale 2009 a Bari, nella galleria Muratcentoventidue. 


Cristiano De Gaetano, tarantino, 33 anni, si è rivelato uno dei talenti più interessanti  delle nuove generazioni pugliesi . Promettente sin dai tempi in cui frequentava l’Accademia di Belle Arti a Mola di Bari. Ma talento inquieto, anche. Cioè capace di variare con disinvoltura  modi e mondi di espressione. Il che va anche bene quando si inizia e ci si guarda attorno.Purché non sia la rincorsa alla moda facile. Non è il caso, per fortuna, di Cristiano: la sua irrequietezza  non è superficiale, e lui sa prendersi anche i rischi. Premessa , questa, un po’ inusuale, sa di predica. Però mi pare opportuna per fornire un minimo dibackground alla serie di lavori che l’artista presenta a Bari per la prima volta (credo).
Si tratta  di ritratti a mezzo busto  di giovani uomini e donne profilati su sagome di legno in proporzioni un po’ fuori scala, come nei cartelloni di promozioni per strada o nei tirassegno. Ma contro i muri bianchi della galleria, è una dimensione che conferisce una sorta di solennità straniata alle figure. Hanno lo sguardo rivolto verso di noi con la fissità un po’ forzata e l’abbozzo reticente di mezzo sorriso che assumiamo quando ci mettiamo in posa nella cabina per fototessere. E  proprio di fototessere ingrandite e ritagliate, questi ritratti danno sentore. Anche nella loro fedeltà di riproduzione, impeccabile quanto impassibile, senza partecipazione emotiva o  giudizio.
Sembrerebbe fotografia ripassata a pittura con scrupolo mimetico, oppure pittura di artigianale realismo. Però basta avvicinarsi per accorgersi che c’è sì meticolosità manuale. Ma è affidata a cere pongo colorate, che l’artista spalma sminuzza schiaccia ed accosta con una tecnica che semmai è del mosaicista o dell’intarsiatore, o dello scultore quando modella la creta. Una sorta di divisionismo plastico, si potrebbe definire, se cadessimo nella trappola di contenere l’operazione nell’ambito di  virtuosismi neo-figurali. Di quelli che inducono gli ignoranti – nostalgici a strillare d’esultanza per “il ritorn odella pittura”. Nella fascinazione  di questa  “finta pittura” che dà sul precario, gioca anche un sentore  di vintage, da camicie a quadrettini o a larghi fiorami, foulard da upim.  Un non so che di aura da tempo perduto, nemmeno distratto da ricerca d’identità:  si tratta di persone anonime, magari amici ed amiche dell’autore, ma che non conosciamo.
E’  chiaro che il giovane pugliese si è conquistato attenzione anche in campo nazionale – è stato“adottato” da una galleria milanese – con una “bravura” che riprende i giochi concettuali del rapporto realtà-finzione sul filo di una ironia che sollecita la memoria ma tenendola a distanza di sicurezza sentimentale. Non ho più spazio per far notare come già in queste sagome – eseguite nell’arco stretto di tre anni – affiorano variazioni non solo di umori ma di soluzioni. Nessuna meraviglia se Lia De Venere, presentandolo, avverte che questa tecnica “potrebbe non essere una scelta definitiva”. No, non mi pare che Cristiano sia approdato nel porto della quiete. Nell’arte e nella vita.

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