mercoledì 17 ottobre 2012

Foto come armi contro la mafia: la storia di Letizia Battaglia



Sono passati vent’anni esatti dal quel terribile 1992, l’anno del sacrificio di Giovanni Falcone e di Cesare Borsellino. Letizia Battaglia accorse sui luoghi delle stragi, a Capaci e in via D’Amelio. Ma non volle fotografare i giudici amici, ultime vittime eccellenti della guerra di mafia che aveva insanguinato Palermo e la Sicilia tutta dai primi anni Settanta. Guerra lunga e oscura di cui questa bella ragazza siciliana dalla frangetta bionda era stata, più che testimone, combattente. Con la sua arma a tracolla, la macchinetta fotografica con la quale accorreva giorno dopo giorno per il quotidiano palermitano di sinistra  “L’Ora” sui luoghi della mattanza scatenata dai corleonesi che fece un migliaio di morti, giudici, poliziotti, carabinieri amministratori, politici insieme con i militanti delle cosche e ignari innocenti.
Ma non fu solo cronaca nera. Letizia, che a Palermo era ridiscesa nel 1974 dopo una fuga liberatoria nella Milano di cultura post Sessantotto, coniugò ben presto la pratica del reportage giornalistico (compiuta con compagni di vita e di fotografia, prima Santi Caleca e poi - per quasi vent’anni - Franco Zecchin) con l’indagine sociale e antropologica: la vita nei quartieri poveri e negli interni degradati di Palermo con attenzione particolare alle madri alle ragazze e ai bambini, le feste religiose, le feste gattopardesche dei nobili. Si mosse - con maggiore consapevolezza dagli Ottanta - nel solco della cultura del realismo che in Sicilia aveva una grande tradizione (da Verga a Sciascia, da Visconti a Scianna). Ma nutrendosi di stimolanti relazioni internazionali come quella con Joseph Koudelka, il fotografo ceko celebre in quegli anni per le foto dell’invasione russa di Praga e per la ricerca sugli zingari.
Così la professione si fece passione. E’ questo il primo contesto di lettura per le 60 grandi fotografie, rigorosamente in bianco e nero, dai forti inchiostri quasi caravaggeschi, impastate di rabbia e di pietà, che sono esposte per la grande personale a Bari nella sala Murat. Ne emergono brandelli sanguinanti di storia italiana, con i suoi nuovi martiri – i famosi come Piersanti Mattarella, gli sconosciuti come la prostituta Nerina. Tralucono irrisolte condizioni e contraddizioni della società meridionale, vedi il tatuaggio del Cristo di spine sulla spalla di un mafioso ucciso. Si stagliano icone della condizione umana, il dolore delle donne, lo smarrimento dei ragazzi. Fa da emblema finale il volto tagliato fra luce ed ombra di Rosaria Schifani, la giovane vedova di una guardia del corpo di Falcone, che in chiesa invitò piangendo gli assassini a pentirsi. Selezionate da un archivio di oltre 600mila scatti,  presentate in mostre libri e premi in mezzo mondo, queste immagini costituiscono in sostanza il Codice al quale Letizia Battaglia affida  dal 1999 il suo messaggio di “Passione Giustizia Libertà” .
Quasi un mantra, che l’autrice continua a declamare con inesausta energia ora che ha 77 anni, mentre dice di volersi dedicare alle sue piante di prezzemolo, alle tre figlie (una, Shoba, fa la fotografa) e alle nipoti. Passione di giustizia e di libertà che la portarono tra il 1986 e il 1993 all’impegno politico: consigliere comunale con i Verdi, assessore comunale con la prima “anomala” giunta di Leoluca Orlando, consigliere regionale per la Rete. E soprattutto, smaltendo le delusioni della politica (ma ora ha ritrovato a Palermo il “suo” sindaco Orlando), con l’impegno sociale nella cultura. Fondando circoli antimafia, pubblicazioni progressiste e femministe, una casa editrice. Battendosi per l’ambiente, per i malati di mente, per i carcerati. Realizzando cortometraggi. Il più recente, 2007, s’intitola “La fine della storia”. E’ ispirato ad una poesia di Pasolini: “Ma io con il cuore cosciente/ di chi soltanto nella storia ha vita/ potrò mai più con pura passione operare/ se so che la nostra storia è finita?”. Ma è davvero così? Letizia Battaglia ha ancora cose da fare e da dirci. Sulla mafia e non solo, di ieri e di oggi. Ne sapremo di più dall’incontro con lei, tornando “sulle ferite dei suoi sogni” (Michele Perriera, 2006).

PIETRO MARINO

* S’inaugura domani giovedì 18 ottobre a Bari nella Sala Murat (piazza del Ferrarese) la mostra di fotografie “Racconti di Mafia” di Letizia Battaglia, con un incontro (ore 17) con l’autrice moderato da Pietro Marino. 
La mostra – che si svolge nell’ambito del Festival “I Luoghi della Legalità” – resterà aperta sino al 30 ottobre. 
Orari: 10-13, 18.30- 21, lunedì chiuso. 
Ingresso libero.

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