lunedì 8 ottobre 2012

FANTASIE FLUTTUANTI NEL TORRIONE DI MOLFETTA



Tornano nel Torrione Passari di Molfetta investigazioni intelligenti su esperienze avanzate della contemporaneità in arte. Ne sono protagoniste questa volta cinque presenze, quattro di area berlinese e una italiana. Le ha assemblate Giacomo Zaza che da qualche anno vive a Berlino, città oggi  cruciale per i movimenti in corso nell’arte europea. A Molfetta dove è nato, il giovane critico va portando avanti da un decennio insieme con la moglie Michela Casavola un coraggioso progetto di ricerca che tiene dritta la barra del rigore pur fra difficoltà sempre maggiori e distrazione - disaffezione crescente delle amministrazioni locali. Eppure le “fantasie fluttuanti” annunciate dalla mostra dovrebbero interessare la società tutta: come spirito del nostro tempo – ovvero, alla tedesca,  Zeitgeist. Designano infatti una condizione sempre più instabile e precaria di slittamenti fra la realtà e i linguaggi dell’arte.
Storia già lunga nel percorso di Olaf Metzel, il più anziano del gruppo (Berlino 1952, vive a Monaco). In mostra campeggiano due grovigli di lamiere accartocciate come dopo un violento scontro d’auto;  ma sono anche gigantografie di pagine di giornale appallottolate che rinviano a scarti tragici della storia, Gheddafi e Pasolini. E’ la variante più recente, in tonalità di espressionismo plastico, delle pericolanti installazioni di arte “politica” con le quali l’artista ha occupato spazi urbani sin dagli Ottanta,  traslando in forza iconica le tensioni della cronaca germanica, dal terrorismo alle immigrazioni. Ed anche la memoria “archeologica” dei tempi del Muro, affiggendo  un calco di stemma corroso della ex RDT, la Germania dell’Est comunista. Sulle archeologie del tempo storico lavorano oggi molti artisti (ne ho scritto più volte). Lo fa anche Marius Engh, norvegese a Berlino (Oslo 1974): espone in chiave concettuale una sequenza di foto di un ponte  sulla Garonna a Bordeaux che fu realizzato nel 1819 con 17 arcate, tante quante  le lettere del nome “Napoleon Bonaparte”. Prova poi smarrimenti lirici con un cilindro di ferro nero che riprende la forma del torrione molfettese, pieno sino all’orlo di acqua scura: nella speranza di catturarvi, dalla finestra accanto, la luce della luna.
Trapassano invece in performances dell’immaginario gli scambi visivi sui materiali del cinema e dei massmedia operati da Bjorn Melhus (berlinese con radici norvegesi, 1966) e dalla nostra Ra Di Martino (Roma 1975). Più che il video 2007 girato nel castello di Civitella Ranieri (Perugia) con taglio quasi didattico,  significativa è la rivisitazione ironica compiuta da Melhus su miti mediatici del cinema americano (un po’ sulla scia di Cindy Sherman). Nella videoproiezione “Happy Rebirth” (2004) l’artista, col viso tinto di blu e zuccotto bianco come un puffo dei popolari fumetti e cartoons di Peyo, canticchia con vocina infantile “Happy Birthday” : come fece Marilyn Monroe nel festeggiamento per il compleanno di John Kennedy,  1962 (evento cult su youtube). Per intense rivisitazioni/contaminazioni mediatiche si è affermata anche Ra Di Martino (tornata nella sua Roma dopo molti anni trascorsi fra Londra e New York). Intriganti  in mostra le sue fotografie di set per film del genere kolossal abbandonati dopo le riprese in zone desertiche di Marocco e Tunisia, a cominciare dalle costruzioni per Star Wars: con effetti di singolare straniamento, allucinazioni scenografiche che creano nuovi paesaggi da Fata Morgana.
Complessi giochi linguistici e trapassi di trame della memoria covano sotto l’ immediato richiamo esercitato dalla installazione site specific di uno dei più affermati artisti tedeschi d’oggi, Thomas Zipp (1966, vive a Berlino). Nella profonda sala-cisterna circolare si dispongono simmetricamente, oscillando a tocchi di soffocato tictac, tre bambolone con collari bianchi da collegiali, il corpo come volume conico su base emisferica, le testine che spuntano da un punching ball, le braccia stecchite. Su loro pende uno strano lampadario con inserti di neon, a parete un foglietto col disegno-rebus  di una mezza mela con lettere d’alfabeto. Surreale “Teatro Tecnico” con echi Bauhaus (il “Balletto Triadico” di Schlemmer) col quale l’artista accentua le sue incursioni nelle avventure delle avanguardie moderniste, dada, futurismo: dissacrate, sminuzzate, fatte riaffiorare fra altri reperti di storie perdute e anche fallite. Ma è evidente – in lui e nei suoi colleghi – un controcanto di nostalgia, in questo Duemila di progetti svaniti e di certezze smarrite. Le loro “fantasie fluttuanti”  sono accolte in dialogo dal Torrione mediterraneo con le sue pietre antiche, quasi un solido rifugio.

PIETRO MARINO

*La mostra “Fantasie fluttuanti” a cura di Giacomo Zaza è aperta a Molfetta nel Torrione Passari (via Sant’Orsola) sino al 4 novembre. Ingresso libero. Orari: tutti i giorni 11-13, 18-20. Info: cell.3474823583.

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