giovedì 15 novembre 2012

I "paesaggi distanti" di Kristina Kvalvik, norvegese a Bari



E’ nata in Norvegia, ha studiato in Svezia, vive a Copenaghen. Si propone come sintesi ideale di cultura scandinava il percorso di Kristina Kvalvik, classe 1980. E un filo di quella  visionarietà fredda che scambia – da Strindberg a Bergman - solitudini del paesaggio baltico con smarrimenti interiori, sembra legare anche la selezione di film-video presentata a Bari dalla giovane artista per la sua prima personale in Italia. Un po’ come notammo per la rassegna di videoarte scandinava  “L’uomo senza qualità” portata l’anno scorso nel Teatro Margherita dal Museo di Malmoe. 
Proprio nel Museo di Malmoe  la Kvalvik allestì nel 2008 la videoinstallazione su due canali “Voices of the Unseen”, che a Bari è presentata – per limiti di spazio – su piccoli schermi piatti. Si vedono due strade deserte di anonima città nordica, immerse nel semibuio di una ora incerta, smangiate da fumi di nebbia. Una voce femminile fuori campo racconta in prima persona di un suo incubo all’interno di una casa, dalla quale esce e rientra con la sensazione di essere seguita da qualcuno, fra paura del “non visto” e ricerca di rassicurazione domestica. Il meccanismo di ripresa e racconto in soggettiva si conferma in “Notes from a stranger”, installazione su tre pareti per la Biennale di Goteborg 2009, anch’essa offerta qui in allineamento di monitor. Una mano invisibile scrive un diario che si svolge mentre l’autrice si inoltra “come uno straniero”,  fra  interni - esterni di doppi ambienti in abbandono ai limiti della città, quasi “dopo la catastrofe”. Invece in “Night Time Dangerer” (2010) la scrittura scorre in animazione e scompare come “traccia fluida” sul pavimento di stanze riprese in fissità fotografica, svuotate di mobili e presenze: “Ho abbracciato la morte, e sono sprofondata nel buio”.
Il paesaggio naturale diviene protagonista nell’ultimo lavoro, praticamente inedito (2012), “Distant Landascape”. Una vecchia cinepresa riprende, con inquadrature tremolanti e distanziate, nevi, acque, brughiere, ombre di monti dell’Islanda, su pellicola in 8 mm. sgranata e sbiadita. Un testo battuto su macchina da scrivere ribadisce l’andirivieni onirico fra la “terra desolata” e un ansioso “paesaggio dell’anima”. Approccio linguistico in modalità volutamente precarie ed obsolete (Rosalind Krauss parlerebbe di “reinvenzione del medium”) sottolineate dalla proiezione su un riesumato schermo portatile. Conferma, sotto il raggelato minimalismo delle immagini, la complessità del doppio movimento, o doppio sguardo, col quale l’artista-scrittrice va muovendo inquietamente alla “ricerca dell’io” (“The Wonder of the I”, è titolo della mostra e di un libretto con i suoi testi). 

Nella galleria Murat 122, sino al 5 dicembre, dal martedì al sabato 17-20. Info: tel.3938704029, 3925985840,
www.muratcentoventidue

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