sabato 17 novembre 2012

Gino Marotta, un Eden di plastica


Gino Marotta è morto a 77 anni mentre è ancora in corso, sino a gennaio, una sua personale con opere recenti nella Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, la città in cui era sceso da giovane dalla nativa Campobasso. Era felice di poter disporre le sue sagome colorate in metacrilato trasparente di palme, liane, dromedari, fenicotteri in dialogo con le opere dell’Ottocento-Novecento, con le Ninfeee di Monet o con quelle di Pistoletto e di Kounellis, suoi compagni d’avventura nel fervore creativo della capitale negli anni Sessanta-Settanta. Con le sue invenzioni di “Natura Artificiale” reinventata nella materia nuova, la plastica, era stato uno degli artisti di punta della Scuola di Piazza del Popolo raccolta attorno alla galleria “La Tartaruga”: con Ceroli, Kounellis appunto, e Pascali. Aveva partecipato da protagonista a tutte le mostre (come “Lo Spazio dell’Immagine” a Foligno, la mostra 1967 dove Pino Pascali espose i suoi 32mq.di Mare circa) che hanno segnato la storia  del “Pop all’italiana” . E già nel 1969 con Ceroli Kounellis e Pascali era uno dei quattro italiens  invitati nel Museo di Arti Decorative per svolgere il tema della finzione di Natura con i suoi teatrini di plastica luminescente..
Proprio la dimensione scenografica, la dimensione illusionistica del teatro gli era congeniale: lo capì Carmelo Bene, che a lui affidò le scenografie di molte dei suoi più importanti lavori, da “Nostra Signora dei Turchi”(1971) a”Homelette for Amlet”1988 (per la quale vinse il premio Ubu). Di partecipazioni prestigiose a mostre in Italia e all’estero (“Vitalità del Negativo” con Achille Bonito Oliva a Roma, Dusseldorf 1971, Biennale di Venezia 1984 con Calvesi direttore per “Arte e Ambiente”, mostra al MACRO 2009) e di titoli accademici (diresse fra l’altro l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila) era  folto il suo curriculum. Tuttavia, dopo il break operato  dall’Arte Povera era rimasto, se non fuori gioco, piuttosto defilato dalle avventure del cambiamento, quasi consegnato alla rielaborazione virtuosa della maniera che lo aveva portato alla ribalta. Era stata un’invenzione felice, certo, la sua plastica cordiale nella quale sogni di bellezza esotica si fondevano con la lezione metafisica di De Chirico in una sorta di design della fantasia, tra Boschi Eden Paradisi. Sino alla recentissima Foresta di Menta, la selva di cavi verdi come liane in esposizione alla GNAM. E’ questo l’ultimo sbocco felicemente ludico di un percorso iniziato nei Cinquanta con giovanili strutture materiche  di Piombi e Bandoni di latta, nutrite della lezione congiunta di Burri-Jasper Johns. Su questo fecondo connubio o scambio la rilettura di quel tempo fervido della nuova arte italiana non potrà ignorare il contributo di Gino Marotta.  

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