giovedì 4 luglio 2013

La Street Art e Bari: come quando perché, appunti per pensarci su

sten & lex ex standa corso vittorio emanuele

erica il cane e blu liceo socrate via fanelli

ozmo al chiringuito

Da un po’ di giorni una vasta operazione di Street Art investe diversi edifici e spazi pubblici di Bari, fra curiosità della gente sollecitata anche dall’eco mediatico di disparate reazioni polemiche: non dal pubblico in verità, piuttosto da politici e amministrazioni. Non fanno scandalo infatti i soggetti degli interventi eseguiti da sei giovani autori italiani e stranieri, ben noti nel giro nomade della pittura murale, per un progetto promosso dalla galleria barese Doppelgaenger e sostenuto con entusiasmo straripante dal sindaco Emiliano. L’ampiezza del progetto ha il merito di richiamare l’attenzione sul muralismo come espansione spettacolare e sviluppo professionale della street art originaria, quella spontaneista dei writers ovvero graffitisti. I quali proliferano nelle nostre città come in tutto il mondo, continuando a praticare in forme e stili diversi illettering esploso da mezzo secolo ormai: da quando i ragazzi dei ghetti di New York cominciarono ad attaccare con pennarelli e bombolette treni e stazioni delle subways, apponendovi le loro firme in codice, le tag come messaggio trasgressivo ed effimero di liberazione identitaria. Ancora oggi l’opinione pubblica e le autorità stentano a distinguere gli ideogrammi vivaci ma ormai autoreferenziali di volenterosi figli della borghesia dagli sfregi vandalici degli imbrattamuri, che sono poi la grande maggioranza. C’è qualche vago tentativo pubblico di mettergli a disposizione spazi di sfogo in aree di periferia, ma i duri e puri non ci stanno a snaturarsi.
Il virtuoso muralismo dei “fresh flaneurs”di Bari (titolo della operazione Doppelgaenger) esprime invece l’ala socialmente vincente della street art. Ha preso il largo dalla fine dei Settanta, da quando alcuni graffitari furono fagocitati dal sistema capitalistico dell’arte, gallerie, aste, fiere, festival. Straordinarie storie personali - Basquiat adottato da Warhol nella sua Factory, Keith Haring assunto da Tony Shafrazy - hanno favorito l’attrazione per gli stilemi street, passati dai muri delle città al sistema del merchandising e del look giovanile postpop, dalle tshirt agli zaini, per dire. Per parte sua, l’arte sui muri urbani è divenuta produzione di immaginario postmoderno che attinge disinvoltamente alle diverse tradizioni della pittura, realismo popolare, astrazione colta, iconismo mediale, phantasy. Pittura a cielo aperto felicemente provvisoria e programmaticamente superficiale, praticata da autori che delle origini trasgressive hanno mantenuto solo la convenzione del nome in codice e magari ogni tanto qualche multa che fa parte del gioco. Gioco portato a metodo coerente da Banksy, l’eccellente street artist inglese divenuto famoso per la carica ironica e critica delle sue scene; ma soprattutto perché ancora adesso non rivela la sua identità, opera o finge di operare clandestinamente, non si lamenta se i suoi stencil sono cancellati o strappati dal muro. Così la  popolarità cresce, le vendite volano in rete e nelle aste.
Anche i bravi street artists convenuti a Bari vendono: sui loro siti web o esponendo in galleria, contando sull’effetto – trailer dei murales. Ma i promotori dell’evento puntano più in alto. Vorrebbero rendere permanenti le installazioni, altrimenti destinate a cancellazione entro 120 giorni al massimo. Però a questo punto il gioco cambia, e di parecchio. Perché gli spiazzamenti linguistici e i parti di libera fantasia visiva diverrebbero opere di arte pubblica. Cambierebbero ruolo e significato, richiamerebbero il problema della responsabilità sociale dell’arte. Molte stagioni del muralismo si sono nutrite di impegno sociale e politico – dal Messico della Revoluciòn al New Deal rooseveltiano sino alla sessantottesca Immaginazione al Potere. Invece le immaginose figurazioni sui muri di Bari ambiscono a farsi arredo urbano per godimento retinico, esperienza “decorativa” (nel senso di “conferire decoro” agli spazi), museo di sorprese visive a cielo aperto per la meraviglia di flotte di crocieristi. E’ l’idea che piace al Sindaco, molto meno alle Soprintendenze. Si può anche fare. Ma avvertendo che lo spirito alternativo dell’ “arte di strada” è migrato altrove. Aleggia in diversi percorsi di arte pubblica di nuovo genere, multimediali, relazionali, partecipativi, anche virtuali. Ma questo è già un altro discorso, un altro orizzonte.
PIETRO MARINO
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Non mancano di vitalità le opere di street art eseguite a Bari dai sei autori invitati per il progetto “Fresh Flaneurs”, tutti molto noti nel loro ambito. Lo spagnolo Sam3 ha quasi trasformato in timpano di tempio classico il frontone dell’abbandonata caserma Rossani sagomando in liquida vernice nera un accumulo crescente di corpi umani. Il milanese Ozmo  ha nobilitato una vasta nicchia dell’inquinato sottovia di Quintino Sella come fosse una cripta basiliana o un catino absidale, dipingendovi con tempere e bombolette (e con un bel po’ di ironia) un trittico su San Nicola barese, ortodosso, Santa Claus. Un altro suo spiritoso medaglione ghigna sul Chiringuito. Il duo romano-tarantino Sten&Lex è quello che ha suscitato i più alti clamori, rivestendo di strisce nere a zigzag e losanghe – con la tecnica dello stencil -  l’intera anonima facciata dell’ex edificio della Standa su corso Vittorio Emanuele. Interessante l’effetto optical di distorsione dinamica delle pareti, meno credibile la dichiarata ispirazione alle fasce bicromatiche del Duomo di Orvieto. Di elegante astrazione è il “fregio” volante sul palazzotto Eaap in piazza Diaz del piemontese 108 (aveva già esposto da Doppelgaenger due mesi fa). Lì stesso dovrebbe cimentarsi il francese El Tono. Gli spiritelli grotteschi del terzetto belga Hell’O’Monsters animano la ex scuola Verga a Japigia.
Sarà il caso di ricordare, nella città senza memoria, che il muralismo in spazi pubblici non è fenomeno nuovo nemmeno per Bari. Da anni un murale dipinto da Erica il cane e da Blu avvolge con fantasia tenera l’edificio del Liceo Socrate in via Fanelli. Il Comune che ha opportunamente messo a disposizione i ponteggi dell’AMIU per consentire a Sten&Lex di stendere le loro vibrazioni in bianconero potrebbe anche decidersi a proteggere le vibrazioni cromatiche del wall drawing di Sol Lewitt nella vicina Sala Murat. Del resto in Puglia da cinque anni si tiene a Grottaglie un Fame Festival internazionale di street art frequentato da validi artisti. Ma quasi nessuno sa della sua esistenza, e nemmeno nel paese dei vasai sembra molto amato.  (p.mar.)

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