mercoledì 27 febbraio 2013

Storia barese del Centrosei (e della sua Belle Epoque)



Umberto Baldassarre Cubo specchiante, 1971

NIcola de Benedictis (foto Lino Sivilli)


Fa rivivere una vicenda rimossa un volume appena edito da Adda, “Centrosei - Storia di una galleria”. Nell’ottobre del 1970 sei artisti riuniti in associazione annunciavano l’apertura a Bari della galleria sul fianco nord del teatro Petruzzelli. Erano Umberto Baldassarre, Mimmo Conenna, Sergio Da Molin, Franca Maranò, Michele De Palma, Vitantonio Russo. Intendevano offrire “le testimonianze più vive e significative della cultura e dell’arte che caratterizzano il nostro tempo” e presentare “gli artisti pugliesi più aperti ai problemi dei nuovi linguaggi visivi”. E questo, “in un contesto socioeconomico in via di sviluppo e di forte crescita qual è la regione pugliese”. In effetti il capoluogo di Puglia era nel pieno della sua Belle Epoque, sostiene Giandomenico Amendola nella laterziana “Storia di Bari “(1997): il ventennio fra i Sessanta e la fine dei Settanta del secolo scorso nel quale la città – scrive il sociologo -  “aveva l’impressione di essere entrata in un ciclo di sviluppo lungo e senza fine alimentato da un flusso inesauribile di risorse”
Voglia, o illusione che si esprimeva anche nel campo dell’arte, pur fra resistenze e  contraddizioni. La nascita del Centrosei segnò da una parte il culmine dei fermenti che avevano indotto nei Sessanta un pullulare di gallerie con impulsi al rinnovamento da parte di diversi giovani artisti dopo la Biennale di Bari 1966. Dall’altra favorì percorsi ravvicinati fra “nuove situazioni” pop, concettuali, poveriste, performative, mentre diversi eventi pubblici fra 1969 e 1971 portavano in città gli sconvolgimenti in corso nell’arte internazionale. Orizzonte che fu decisamente ampliato dall’irruzione in scena della galleria di Marilena Bonomo nel dicembre del 1971. Il Centrosei svolse iniziative di slancio lungo tutti i Settanta. La  grafica della Pop Art, gli oggetti del Nouveau Realisme, disegni di Sol Lewitt, la poesia visiva, narrative art, grafiche e foto di concettuali da Agnetti a Boetti a De Dominicis, personali di Oldenburg, Spalletti, Calzolari, Alviani. Importanti, nella loro diversità, gli impulsi innovativi dei sei fondatori. Michele De Palma con fine pittura sul crinale dell’astrattismo. Umberto Baldassarre pioniere del passaggio dall’informale allo strutturalismo. Mimmo Conenna, il suo pupillo, irrequieto sperimentatore tra op e arte povera. Vitantonio Russo, con l’originale proposta concettuale della Economic Art. Franca Maranò, la prima donna che osò a Bari un’arte performativa con umori femministi. Con loro apparvero Lino Sivilli concettual- poverista, Francesco Matarrese sull’estremo della smaterializzazione dell’arte, i ghestaltici tarantini Di Coste e Delle Foglie, il landartista leccese Sandro Greco, “l’americana a Bari” Adele Plotkin.
Però l’eclettico gruppo si dissolse presto per vari motivi: la morte del suo animatore  Baldassarre nel 1972, il ritorno al Nord del veneto Da Molin, dissensi e strade diverse per De Palma Conenna e Russo. Rimase dal 1975 Franca Maranò e con lei il marito Nicola De Benedictis, che avendo già seguito con discrezione la vita della galleria finì per diventarne il solitario e idealistico direttore. Gli Ottanta, anni del riflusso, videro interessanti ma meno spericolate operazioni, con le affermazioni di altri artisti pugliesi, Avellis, Iurilli, Carone, Maggiulli, Rizzo. L’avventura si esaurì nel 1989, quando ormai era iniziato il declino di Bari, e s’insinuava il “mal di Levante” diagnosticato da Franco Cassano. Fallì anche un breve tentativo di ripresa – 1990-91 – sotto il palazzo della Meridiana in piazza del Ferrarese, pur con mostre importanti, da Renata Boero a Michele Zaza ed Enzo Guaricci.
Nicola De Benedictis – popolare per l’umiltà e la passione del suo impegno – si ritirò a vita privata. Solo negli ultimi anni, semiparalizzato, fu indotto da qualcuno di noi all’impresa di ricostruire per quanto possibile, la storia del Centrosei. Ne ricompose i reperti in sedici grossi album, donati quasi in punto di morte (nel 2010, a 93 anni) al Dipartimento di Lettere Lingue e Arti dell’Università. Christine Farese Sperken, docente di Storia dell’Arte Contemporanea, ne ha curato il libro che si presenta domani, denso di documenti e analisi di contesto, con la collaborazione di suoi ricercatori (Edoardo Trisciuzzi, Nicola Zito) e di Anna D’Elia. Chiede che sia studiato e approfondito come “strumento  di ricerca per la conoscenza del passato artistico-culturale della nostra Regione”. Ce ne sarà – speriamo – occasione.  Perché di questo Bari e la Puglia hanno bisogno. Di uscire dalle favole del “c’era una volta” per capire a che punto siamo, e perché. Non solo in arte.
PIETRO MARINO
*Viene presentato domani mercoledì  27 febbraio a Bari il libro “Centrosei - Storia di una Galleria” a cura di Christine Farese Sperken (Salone degli Affreschi dell’Ateneo, ore 17). Saluti del prof. Domenico Mugnolo direttore del Dipartimento Lettere Lingue e Arti dell’Università e della prof. Grazia Di Staso direttrice del CUTAMC. Intervengono Francesco Moschini segretario generale dell’Accademia di San Luca e il critico d’arte Pietro Marino.

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